Affinché quest’operazione sia efficace è necessario però individuare l’ambiente ideale nel quale il fenomeno può essere massimizzato e occorre definire un tempo di durata del processo che sia “industrializzabile” e compatibile con i ritmi di produzione dei rifiuti organici stessi.In natura infatti ogni rifiuto organico ha i suoi tempi di biodegradazione, paglia e legno impiegheranno più tempo di amido e cellulosa. Similmente in ambienti freddi e secchi i processi di biodegradazione saranno più lenti che in ambienti caldi e umidi.Questo significa che la biodegradazione è fortemente influenzata dalla natura chimica della sostanza o materiale che si intende biodegradare e dall’ambiente di biodegradazione. Gli ambienti nei quali la biodegradazione avviene a ritmi consistenti e può essere gestita industrialmente sono quelli del compostaggio e della digestione anaerobica.
In questi sistemi si possono dunque trattare i rifiuti solidi organici, compresi i manufatti (ad esempio di plastica biodegradabile) che hanno una velocità di biodegradazione compatibile con tali trattamenti. Nel caso del compostaggio si otterrà il compost maturo (che è un fertilizzante), e nel caso della digestione anaerobica (seguita da stabilizzazione in compostaggio) si otterranno biogas (e quindi energia) e compost.
Un altro ambiente biologicamente attivo è il suolo: alcuni materiali possono biodegradare completamente in suolo, e questa proprietà può essere sfruttata in specifiche applicazioni quali ad esempio al pacciamatura.